Renato
Spagnoli
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l’artista
in mostrA
interventi critici
Acquasanta
Terme 1971
Foto Alfredo Libero Ferretti |
JACQUES KERMOAL
Presentazione in catalogo mostra
Gruppo Atoma Ecco
quattro pittori «engagés» che susciteranno discussioni e polemiche. Ebbene
tanto meglio tanto meglio, perché sarebbe tempo di finirla con le ridicole
rivalità esclusiviste delle correnti, in cui gli astratti vogliono superato
per sempre il figurativo e i figurativi, scomunicano gli astratti. Questo
per parlare solo delle due correnti, convinte ciascuna d'essere la sola nel
bene mentre tutte le altre sono nell'opposto principio del male, lasciando da
parte il reciproco detestarsi della op‑art e della pop‑art, degli
informali e di Cobra. Questo
è lo strano destino della pittura. Prima di essere superata, l'avanguardia
impiega più del suo tempo a difendersi che a seguire il suo progresso. In
tutte le altre discipline umane le cose non sono così complicate. Le
terapeutiche le tecniche la dinamica filosofica hanno per scopo l'uomo e la
sua perfettibilità. In arte no; e tuttavia l'arte è fatta dall'uomo per degli
uomini: è un prodotto del pensiero come il razionalismo o il marxismo‑leninismo.
Solo l'arte, per non si sa quale miracolo, è e resta reazionaria nella sua
esistenza, se non nella sua essenza. Si vuole che valori sicuri, che sono
ormai secolari, la garantiscono, si attende ancora che nella vita quotidiana
si attui quello che secondo Marx doveva essere la formula risolutrice d'ogni
questione. «Ciascuna classe crea la sua cultura e, per conseguente, la sua
arte». Il feudalismo medioevale, il Rinascimento, ci han dato Michelangelo e
Leonardo, la prospettiva nella rappresentazione artistica e si vorrebbe
rimanere a questo punto. Cioè si vorrebbe far adottare al proletariato dei
XX' secolo l'arte principesca, ecclesiastica e borghese col pretesto che i
borghesi d'oggi acquistano dell'informale o della pop‑art. Ciò è
ridicolo, assurdo, reazionario. Che
cosa resta quindi all'artista d'oggi se vuol essere coerente? Una sola via:
la ricerca, non importa a che prezzo. Questo
i nostri quattro pittori livornesi hanno compreso, e questo è il loro merito. Hanno
compreso che non si tratta di negare in blocco, perché un'arte, anche di
rottura, si crea seguendo il processo d'una lenta maturazione, in seno alla
stessa contraddizione, servendosi senza pregiudizio della tesi e
dell'antitesi. I proletari, tesi verso la conquista o la conservazione del
potere contro la reazione, non hanno il tempo di crearsi un'arte, ed il
giorno in cui ne avranno il tempo, non saranno più proletari, perché avranno
creato la società, senza classe, onde la conclusione, che l'arte di oggi, che
cerca se stessa in una proiezione dinamica, debba essere immediatamente
rivoluzionaria. Arte
proletaria è concetto privo di senso e di contenuto. L'arte di domani sarà
un'arte non proletaria ma dell'uomo, una arte che troverà le sue radici in
una cultura dell'uomo, e non in una sottomissione incondizionata all'arte di
ieri o degli uomini di ieri. Bartoli,
Spagnoli, Lacquaniti e Graziani; fondatori del gruppo Atoma, sono orientati
verso una ricerca il cui strumento è tecnologia. Ritmo movimento vibrazione,
ondulazione, si fondono in una rappresentazione che di continuo viene di
nuovo posta in discussione. Sarebbe
assurdo parlare dell'uno e dell'altro di questi pittori separatamente dal
gruppo. Han voluto costituire un gruppo ed hanno ragione perché la scienza ci
ha provato che è ormai impossibile avanzare senza il lavoro di «equipe».
Questo è vero per il dinamismo stesso dell'arte; solo dei pittori che accarezzano
con amore un passato fatto per altri possono permettersi dell'individualismo
esibizionista a buon mercato. Naturalmente il gruppo non cancella la
personalità. Bartoli è più statico. più razionale, più controllato;
Lacquaniti più fantasioso ed anche più poetico, e mentre Spagnoli più
impetuoso, ha maggior ritmo, Graziani sente come essenziale la proiezione
dell'insieme. Questi
quattro vogliono sperimentare tutte le possibilità della tecnica e
dell'«automazione» per trarne un materiale utile ad un'espressione artistica
tesa verso la prospettiva del futuro. E'
evidente che non si può chiedere alle masse di riconoscervisi. Solo
l'abitudine, la familiarità porteranno le masse verso una fenomenologia
collettiva dell'arte del domani. Sarà quest'arte solamente tecnologica? A
questa domanda possiamo rispondere che, se possiamo essere in dubbio che
l'arte del domani sia «soltanto» tecnologica, siamo altrettanto certi che la
tecnologia vi parteciperà. Il
fatto che a Livorno si sia scoperto che il mondo di domani avrà bisogno d'un
arte differente e dunque rivoluzionaria non è piccolo merito. Nel secolo
dell'atomo e del missile interplanetario non si potrà certamente dipingere
come Raffaello o il doganiere Rousseau. I formalisti sono gli aborti
dissecati dall'idealismo artistico, che, come espressione, ha ormai fatto il
suo tempo: noi abbiamo bisogno di cose serie. E'
tempo di finirla con il vecchio schema volgarmente umanista e prometeo che
contrappone la parola all'azione. Non c'è bisogno che un'espressione artistica
sia «officiosa» fin dalla ,mi nascita. I quattro l'hanno compreso; non so se
sapranno andare fino in fondo, se imporsi direttame nte. Si sa, del resto,
che nel contesto moderno, ci sono quelli che sono dei rivoluzionari positivi,
calmi e coscienti, e che quelli che saranno contro senza voler fare uno
sforzo di comprensione si porranno nelle file della reazione più volgare. Quando
Goethe sul suo letto di morte chiedeva la luce, invocava un altro inondo,
poiché quello che egli lasciava stava per morire; aveva compreso troppo tardi
che un altro mondo stava nascendo e non morendo. Non
resta dunque altro che abbandonare questi quattro livornesi alla curiosità
del pubblico. Si
udranno dei denti digrignare, ma è anche vero che non si digrignano mai i denti
dinanzi a delle presenze che siano indifferenti. Jacques
Kermoal Livorno,
Gennaio 1965. |
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