Renato
Spagnoli
|
||
home
l’artista
in mostrA
interventi critici
Acquasanta
Terme 1971
Foto Alfredo Libero Ferretti |
LUIGI LAMBERTINI
Presentazione in catalogo mostra
personale Qui Arte Contemporanea, Roma; New Gallery, Catania. 1976 La coerenza spesso rischia di diventare monotonia specie se confluisce
in una continua ripetizione di moduli o di elementi, se si risolve in una
iterazione puramente formale; non è monotonia invece, anzi diventa un pregio,
allorché è alla base di un discorso portato avanti nel tempo, di una ricerca
in un determinato ambito, quando è insomma fantasia ed invenzione all'interno
di un tema, di un principio. Tutto questo può essere detto per Renato
Spagnoli, livornese, che da anni opera sulle «lettere» caparbiamente, con
puntiglio e diligenza avvertita e partecipe. Abbiamo così un'indagine che via
via, con la graduale modificazione dell'uso di questi segni, e quindi con una
variazione delle loro desinenze, è approdata alle opere attuali in cui la
lettera, meglio, le lettere, costituiscono un pretesto, anzi, una premessa.
La lettera in sé infatti, che già prima non era più da intendersi come
simbolo dell'alfabeto bensì, restando sempre se stessa, assumeva significati
diversi con la distruzione dell'espressività formale, è giunta ad essere,
come ha già sottolineato Lorenza Trucchi, un «duttile segno-oggetto» che, pur
mantenendo inalterata la sua carica emblematica, è stato ulteriormente
scomposto, analizzato. La premessa dunque è rimasta invariata, una premessa dei tutto
mentale, in un certo senso archetipa (se in un caso dei genere può essere
usato questo termine); ciò che è mutato invece è l'atteggiamento di Spagnoli
non tanto nei confronti dei suo mondo - il suo discorso infatti prosegue
lineare - quanto nel modo di affrontarlo, di vederlo, di definirlo. Alla
forma in sé, alla lettera in quanto tale, è stato sostituito un dialogo, una
dialettica tra la forma e lo spazio, tra lo spazio ed il colore, all'insegna
dell'esattezza, della precisione, di un'attenzione sempre calcolata. In altri
termini al modulo dei tempi andati, che in maniera diversa e con vari
intendimenti a seconda dei periodi veniva ripetuto, è subentrato un modo di
fare che investe in pieno la fase progettuale. La lettera cioè, la cui
struttura resta sempre un postulato su cui operare, viene come disintegrata
attraverso un processo analitico cui subentra immediatamente nella fase
compositiva dei quadro un'operazione diversa. Spagnoli compie infatti quella
che può essere ritenuta una sintesi, e non solo (alla ricerca come è di un
equilibrio) di forme, di dimensioni, di profondità e di spazi. Se esiste una logica a monte di tutta l'operazione, una logica progettuale, che viene come a mediare situazioni e fatti diversi, il risultato finale consiste in un confronto, in uno scontro addirittura tra opposti, tra una forma definita ed un'altra frantumata, tra la logica dei definire, dei costruire, e quella dello scomporre. Ne scaturisce quindi un'ambivalenza fortissima poiché, se a prima vista si ha l'impressione che queste fratture siano il risultato quasi fortuito e casuale di qualcosa che è accaduto, subito dopo ci si avvede che di ben altra natura è il loro fenomeno. E ciò che è singolare è che tale considerazione può essere al limite capovolta. Da qui una tensione riposta, una sfida quasi al concetto di un ordine precostituito, pur sempre esistente ma messo in discussione. L'impatto è così frontale, tanto più che ogni illusione prospettica è negata e l'idea della profondità viene fornita da una allusione di vuoto, da un rimando categorico privo per giunta di quell'apertura fantastica e fantasiosa, per citare un esempio, che si ritrova oltre al resto nei «teatrini» di Lucio Fontana. Tutto al contrario è rastremato, gelato quasi, oggettivo, non senza però una tensione, che definirei esistenziale, se non corressi il rischio di far fraintendere ogni cosa con un'etichetta tanto ovvia quanto reale, tanto reale quanto generica. Luigi Lambertini |
|
g