Renato
Spagnoli
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l’artista
in mostrA
interventi critici
Acquasanta
Terme 1971
Foto Alfredo Libero Ferretti |
FULVIO ABBATE
Renato Spagnoli a Livorno Non conosce misure intermedie lo sguardo degli artisti che
militano nel territorio della provincia. Anche a Livorno. E l'obiettivo è
l'assalto al cielo. I manifesti di poetica sono così messaggi nella
bottiglia: vengono lasciati in mare senza escludere il dubbio che il
destinatario possa non essere mai raggiunto. Ma in questo stesso gesto si
compie la presenza e l'esserci nel discorso dei mondo e sul mondo. Il
linguaggio ‑ sia in sede teorica sia in sede estetica ‑ e quindi
assiomatico, totalizzante, e in questa sua volontà assoluta afferma,
innanzitutto, una proposizione etica, quasi l'opera costituisca un'appendice
secondaria. Ovviamente tale considerazione fa i conti con lo spirito dei
tempo, e modifica la propria gittata quando le ragioni della complessità
progettuale e analitica cedono il passo a uno stato d'animo ben più docile,
ossia prossimo al discorso interiore, come accade da una decina d'anni a
questa parte: da quando le ragioni dei soggetto sembrano prevalere sulla verifica
sintattica. Ma nel pieno degli anni Sessanta, quando Renato Spagnoli ‑
assieme a Giorgio Bartoli, Renato Lacquaniti e Lido Graziani, suoi compagni
di strada nel gruppo "Atoma" dichiara la propria necessità di
militanza, le armi pittoriche sono quelle custodite dall'albero delle
avanguardie. E non è un caso che, nel 1965, una dichiarazione di poetica dei
gruppo assuma il timbro della veemenza assertoria: “Il nostro proposito vuole
contraddire ( ... ) e tentare di ridurre ad una sintesi, ( ... ) la problematica
oltremodo complessa dell'uomo nella situazione storica contemporanea".
La peculiarità dell'opera di Renato Spagnoli è poi una prova ulteriore
dell'intransigenza e degli spessori di un progetto sorto nel contesto
livornese. Spagnoli infatti, dopo l'esperienza, diciamo così, tobeyana,
rivolge interamente le proprie energie operative sulle problematiche fondanti
della scrittura: comunque non è certo la scrittura‑grafia‑graffito
in senso capogrossiano a cui fa riferimento; per Spagnoli si tratta piuttosto di
stabilire una dinamica d'intervento sul corpo post‑gutemberghiano della
scrittura stessa, ed è in questa opzione che egli evidenzia un carattere di
riflessione e destrutturazione che è poi lo stesso stato d'animo che
caratterizza le ricerche operative di un più ampio arcipelago sommerso di
creatività diffusa, di cui la provincia, e in questo caso Livorno, è ‑
per un curioso paradosso storicamente la principale garante. Spagnoli in quei
giorni trova la lettera "A", di cui dice: ''È come se una persona
urlasse" E aggiunge che questa scelta mirava alla" scoperta di un
linguaggio che fosse pre‑verbale, che fosse un linguaggio della
coscienza". Si delinea quindi l'esigenza di puntare alto malgrado lo
stesso contesto operativo, puntare sulle urgenze della contemporaneità: il
passo severo e rigoroso dell'arte programmata, le suggestioni gestaltiche
filtrano cosi, rapidamente, nella griglia formale e progettuale dell'opera
dell'artista e, per estensione, divengono un'acquisizione dei sensorio
culturale cittadino. Ma da qui il registro di questo testo è giusto scelga il
valore della testimonianza biografica, utilizzando, perche no, un'attenzione
di carattere microstorico. Livorno, ormai lo sappiamo, è il punto d'avvio
dell'avventura di Renato Spagnoli, ma anche di fuga, e in questo senso ha la
stessa valenza fantasmatica di ciò che Charleville fu per Rimbaud. I viaggi,
le prime mostre, la partecipazione ai premi, l'esperienza dei gruppo
"Atoma", la scoperta dell'altrove sono tutti elementi che indicano
una necessità di possesso dei mondo; c'è poi un altro dato e per nulla
irrilevante: riguarda l'indirizzo (in senso di domicilio) che gli artisti di
"Atoma" segnalano sulle proprie pubblicazioni‑manifesti: è lo
stesso della sede livornese della Federazione anarchica italiana, in via E.
Rossi, 80. Nella Livorno rossa, la stessa città dove nel gennaio dei '21
l'ordinovista Gramsci, e l'astensionista Bordiga sancirono la rottura col
Partito socialista e la costituzione dei Partito comunista (allora d'Italia,
in quanto sezione dell'internazionale comunista) l'artista Spagnoli
attraverso la propria esperienza testimonia l'esistenza di un fondo
libertario ovvero la presenza di un'anima problematica e complessa che
partecipi alla scansione epocale della cultura, così il rapporto con gli
anarchici, le recensioni su "Volontà" e "Umanità Nova". E
quella stessa 'W' che forse, oltre a rappresentare il cominciamento dei
linguaggio, può assumere la valenza metaforica dei pensiero anarchico stesso.
Spagnoli è certo ‑ e questa certezza non sembra mutare nel corso degli
anni ‑ della propria condizione di "isolato" nel contesto
livornese, è dei dicembre 1978 una recensione di Massimo Carboni a una sua
mostra apparsa sul "Tirreno", dove l'artista dichiara:
"Nessuna novità in nessun campo; anche il repertorio tradizionale è
presentato senza cornice critica. Il Museo di Villa Maria ha ignorato sin
dall'inizio alcuni fra gli artisti livornesi più validi in campo nazionale, e
che hanno trovato altrove quel riconoscimento che non si comprende bene
perchè non gli sia stato dato nella loro città. E non parlo assolutamente
solo per me". Il caso delle teste di Modigliani è ancora da venire, ma
il peso dell'eredità della pittura di Modigliani sembra ugualmente
manifestarsi. Nel 1966 il gruppo "Atoma" si scioglie e Spagnoli si
trova, come egli stesso dice, "orfano". Intanto gli scontri con gli
artisti dei contesto livornese tradizionale continuano senza sosta, cosi come
il Premio Modigliani non sembra rispondere alle esigenze di un dibattito che
veda la città in rapporto con le cose dei contemporaneo. In quegli stessi
anni il dato evidente delle scelte culturali della sinistra (Spagnoli è
allora un militante comunista) guarda agli stilemi della nuova figurazione
come continuità di quello che era stato il realismo dei dopoguerra. E'
evidente che in tale situazione il lavoro di Renato Spagnoli debba costituire
un'anomalia culturale. Il 1969 è l'anno in cui il Pci affida a Ennio Calabria
la realizzazione di un manifesto per commemorare Che Guevara. In quegli
stessi giorni Spagnoli afferma che "comunicare è difficile", pensa
quindi ancora all'assalto dei cielo dei linguaggio, e intanto, collaborando
con la Casa della Cultura di Livorno, organizza una serie di mostre. Nel
frattempo il lavorio sulla morfologia alfabetica prosegue incessante: ora le
lettere si moltiplicano, sembrano scatenarsi sino a negare il proprio valore
semantico, è come se Spagnoli le decapitasse, è un anagramma morfologico
quello che si mette in atto. Ed è questa stessa esperienza che lo segue nelle
pratiche successive come la fondazione dei gruppo "Techné" di
Firenze. C'è poi Renato Spagnoli al lavoro al reparto verniciatura delle
ferrovie. Il biglietto "permanente" delle ferrovie gli consente di
muoversi, di correre dove il suo bisogno di confronto e di acquisizione
ulteriore può aver luogo. Spagnoli pensando ancora a Livorno, aggiunge: "Gli unici
rapporti con la città sono stati quelli coi pittori dei gruppo Atoma".
C'è poi una mostra, curata da Massimo Carboni, concepita come "disseminazione
di quadri nella città". Per una settimana le opere installate nello
spazio urbano dell'affissioni vengono documentate fotograficamente, Spagnoli
colloca il proprio intervento sul lungomare, resisterà soltanto tre giorni, e
nel corso della mostra che registra l'evento verrà esposto come fosse una
reliquia lacerata. C'è poi la fondazione dei Museo progressivo d'arte contemporanea
che, tolto il caso di Mario Nigro, esclude dalle sue sale gli artisti
livornesi contemporanei. Restano cosi fuori gli alfabeti di Spagnoli che nel
frattempo sembrano caratterizzarsi in un percorso ulteriore di crescita, è il
ritmo di una struttura che si afferma ancora nel suo progetto, sotto il segno
della continuità (si ha la percezione delle costanti di sviluppo dai primi anni
Sessanta alle opere attuali). Spagnoli dice d'aver voluto strutturare la
continuità della propria lettera dove la riduzione cromatica al bianco e nero
si costituiscono come "incidenze diverse dal punto di vista
estetico". Malgrado la realtà della provincia Spagnoli è riuscito ha
mantenere la propria matrice complessa, "vengono dal ceppo dei
costruttivismo i miei lavori" dice l'artista. Il problema crediamo possa
ormai prescindere dalle questioni livornesi, con l'opera di Renato Spagnoli
adesso è giusto che facciano i conti gli storici e sarà la storia stessa
della cultura a Livorno a dover essere riscritta. In fondo Spagnoli è
riuscito a mantenere fede alle ragioni prime delle sue scelte, nonostante
Livorno, nessuno può dire che in un altro contesto ritenuto garante della
contemporaneità la stessa forza sarebbe rimasta immutata. E in questo
supplemento ulteriore di qualità vive il pensiero della sua opera. Fulvio Abbate |
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