Renato
Spagnoli
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l’artista
in mostrA
interventi critici
Acquasanta
Terme 1971
Foto Alfredo Libero Ferretti |
GIORGIO DI GENOVA
STORIA DELL’ARTE ITALIANA Generazione Anni Venti (vol. 4°) pp. 358-361 Ó1991 Edizioni Bora, Bologna Il livornese Renato Spagnoli è in
seguito alla Biennale di Venezia del '60 che avvia quel processo di elaborazione
per arrivare alla sua cifra, la A, con cui costruirà le sue tessiture del continuum;
ed è curioso notare che egli abbia avuto come traguardo proprio quella
lettera da cui nel ’50 Capogrossi era partito per approdare al suo segnismo. Ma che cosa fu che alla Biennale del
’60 colpì tanto Spagnoli da determinare in lui, facendogli abbandonare
definitivamente la figurazione, la svolta decisiva nel suo tragitto
artistico? Oltre alle straordinarie novità di quella Biennale, furono
soprattutto le opere di Franz Kline, a giudicare dai lavori che Spagnoli tra
il '61 ed il '63 realizzò , con ampie pennellate, in uno dei quali (S. T.
8.61, 1961) si può leggere già una A, seppur addossata ad una sorta di forca.
Spagnoli così scopriva che nel gesto c'era quella libertà e quella
essenzialità che da sempre evidentemente, avevano premuto dentro di lui,
senza trovare la via di uscita. Tuttavia, una volta trovata la via di uscita,
questi due elementi presto si rivelarono incompleti, se già dal 1962 le
grandi pennellate stese sulla carta si fanno tracciati dipinti con controllo
disegnativo e spaziale, rendendo più rigorosamente studiata la definizione
dei «segni» iperbolizzati. Non può sfuggire quanto in questo passaggio abbia
avuto un ruolo determinante la lezione dell'Astrattismo Classico fiorentino,
che aveva visto alcuni suoi esponenti usare campite zone lineari di ampio
respiro al fine di attraversare o ritmare le superfici, naturalmente senza
mai raggiungere l'essenzialità e la sintesi di Spagnoli, il quale non poggiava
la sua pittura sulla geometria, com'era invece per loro. La nuova impostazione,
sostanzialmente grafica, della sua pittura porterà presto Spagnoli a dare
definizione di A a questi suoi tragitti pittorici e poi a cercarne le
varianti nelle diverse configurazioni della vocale, sia come disegno
(maiuscola, minuscola), sia come carattere di diversa tipologia tipografica e
sia come dimensione, o corpo, per dirla con termine tipografico, appunto. Il
continuum nasce dall'accostamento relazionale di questi «segni» differenziati
che determinano linee e vibrazioni visive per l'accorpamento delle righe, le
quali riempiono l'intera superficie per insorgenze di horror vacui. In linea con le esperienze op,
percettivistiche, ghestaltiche e modulari nasce, così, il Gruppo Atoma,
fondato nel '64 a Livorno da Giulio Bartoli, Renato Lacquaniti, Renato
Spagnoli e Lido Graziani (26), (11 cui la personalità di maggior spicco è
appunto Spagnoli. In lui la coazione a ripetere, anche quando non si
esplicherà sulla A (perché Spagnoli ha realizzato anche opere di diverso
lettering), da allora diviene dominante. La A da parete visiva si trasforma
in oggetto di metacrilato che gioca sulle interferenze delle trasparenze dei
vari fogli e di altre vocali (Multiplo Sincron 250), si opacizza per la
«nebbia» di lastre opali sovrapposte, si iperbolizza in grandi pannelli, si
trasforma in una sorta di onomatopea ridanciana (quando, come in 696 del ’69,
si sciorina in due sequenze di cinque A maiuscole sovrapposte), si slancia in
voli arcuati, si seziona per disseminare i suoi frammenti giochi di positivo
e negativo, infine invade gli spazi espositivi, disegnandosi con nastro
adesivo sulle pareti, sul pavimento, o per metà pavimento e per metà sulla
parete con andamento angolare (mostre alla Galleria Peccolo di Livorno del
1979 e alla Pinacoteca di Macerata del 1981). Insomma la A è per Spagnoli il
veicolo per i suoi cimenti dell'armonia ripetitiva e dell'invenzione
esecutiva, quest'ultima giunta nella seconda metà degli anni Ottanta ad una
sorta di monocromi puzzles in legno
smaltato (Dime‑9, Bianco 13, 1985;
Grande bianco, 1988), luminosissimi
al punto da poter essere considerati momenti diurni rispetto a quei
notturni che sono i rilievi in legno dipinto eseguiti nell'88‑89.
Questi costituiscono una preparazione al ritorno alle situazioni della
pittura del '62, ritorno attuato nel '90 con opere le cui superfici sono
invase dall'iperbolico blow‑up di
A, che il quadro, quand'anche di grandi dimensioni ‑ tuttavia sempre
troppo piccole rispetto grandezza della A ‑, non può contenere
interamente (A 90/68, A 90/73). Dal continuum insistito fino all'horror vacui delle opere anni Sessanta Spagnoli è giunto all'estrema
sintesi di una o due A e al veder grande del suo «tipo» espressivo. (26)
La prima mostra del Gruppo Atoma fu alla Galleria Numero di Firenze dal 9 al
22 maggio 1964. Spagnoli già vi presentava i suoi lavori fitti di A, che
avevano un contraltare nella fitta trama di parole e numeri di Graziani,
mentre Bartoli e Lacquaniti proponevano opere ghestaltiche. il primo a
morfemi tondi uniformi, il secondo a elementi diversificati, i quali
andavano, cioè, dai cerchi, che mettevano tra parentesi orizzontalmente una
sorta di schermo, ai tondini puntinati alla Virduzzo, ma accostati a tassellature
con due puntini, molto simili a quelle di Bemporad. Nel cataloghino della
mostra i quattro livornesi dichiaravano che intendevano riferirsi «alla
Biochimica e alla Cibernetica; in particolare a quelle relazioni che vengono
a prospettarsi fra le ricerche di psicopatologia collegate alla teoria
dell'Informazione», per poi precisare: «Pertanto, il nostro odierno
orientamento neo-tecnico, nel tentare una comunicazione più attuale, vuole
usare la metodologia sperimentale con la certezza di stabilire un parallelo,
il più possibile cronometrico, col processo contingente dell'arte, la quale
essendo soggetta ad un continuo divenire non permette di adagiarsi in
iniziali scoperte, richiedendo invece un superamento continuo di medium
(sic!) inglobati nella dinamica avveniristica della storia». Il Gruppo Atoma
è stato poi invitato nello stesso anno al XV Premio Avezzano Strutture di
Visione», nel '65 alla Casa della Cultura di Livorno, alla Galleria
SiciliaArte di Catania e al X Premio Termoli, nel quale tra gli altri
esponevano anche Baruchello, Boille, Bompadre, Caraceni, Carchietti, Ciai, De
Gregorio, De Stefano, Di Blasio, Lia Drei, Faccioli, Guasti, Nedda Guidi,
Niero, Ori, Pace, Pierelli, Remotti, Virduzzo. Opere pubblicate:
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