Renato
Spagnoli
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l’artista
in mostrA
interventi critici
Acquasanta
Terme 1971
Foto Alfredo Libero Ferretti |
LARA VINCA MASINI
Presentazione in catalogo Casa della Cultura, Livorno 1994 La realtà della provincia, seppure nei suoi limiti, riesce
talvolta a creare personaggi che, pur operando nelle sue profonde
contraddizioni, riescono a superarle, spezzando, col loro operare, quella piatta
continuità culturale e produttiva, di cui la provincia stessa è troppo spesso
portatrice. E parlando di provincia italiana non intendo, certo, soltanto
città quali Livorno, dato che di Livorno si tratta, in questo caso, ma anche
città come Firenze, per esempio, ricche di fermenti e di creatività, che non
hanno sempre, peraltro, la forza di emergere, per resistenze istituzionali e
di comodo, e per la paura dei nuovo, che si fa, troppo spesso, regola di
vita. Così Io sguardo di certi artisti che si muovono in queste
situazioni, conte ha scritto Fulvio Abbate (Renato Spagnoli, Livorno 1989)
"non conosce misure intermedie... E l'obbiettivo è l'assalto al
cielo". Questa forza esplosiva, questa volontà di formulare
"proposizioni etiche" era così forte, in artisti come Spagnoli,
negli anni Sessanta, che, dalle sue prime prove (aveva iniziato a dipingere
nel '56), dopo una sorta di illuminazione provocatagli dalla visita al
padiglione americano della Biennale di Venezia, proprio nel ‘60, e la
scoperta del lavoro 'siglato' di Kline, iniziava, con grande impeto, la
realizzazione di grandi quadri con larghi segni neri, incrociati, abbinati,
inquieti, già vicini alla sigla, spesso come raddoppiati in una sorta di
ombra sfalsata di colore diverso, dipinti su fondi di colore piatto, di un
rosso intenso, o di un giallo spesso tendente all'arancio, generalmente
risolti a colori vinilici e smalti su carta. Di qui si sarebbe enucleato il suo segno-simbolo, realizzato
secondo ritmi dinamici. ottico-percettivi, ma già impostati
sull'individuazione di una sorta di fonema-simbolo. Era il periodo in cui la
ricerca artistica più avanzata era rappresentata. soprattutto in Europa, dal
Neoconcretismo. dall'arte ottico-percettiva, programmata, op-tical,
contemporanea dei New Dada, dalla Pop Art, esportata dall'Inghilterra e dagli
Stati Uniti, e dalla Nuova Figurazione che. dal dopoguerra, particolarmente
in Italia, costituiva un tentativo di recupero, sul filo della poetica
esistenzialista, dell'ideologia, anche, politica. Pure il Neoconcretismo,
l'arte programmata e cinetica, la Op-Art, si proponevano, eticamente (e
utopicamente), come modello di comportamento, per la creazione di un nuovo
mondo organizzato secondo ragione. Così Spagnoli, col gruppo livornese
"Atoma" (formato con Bartoli, Graziani, Lacquaniti), in una città
arroccata, sul piano artistico, ad una dilagante poetica postmacchiaiola, che
si protrae nel tempo senza soluzione di continuità, impostava il suo lavoro
come una battaglia, tentando, come suona la dichiarazione di poetica dei
gruppo, "di ridurre ad una sintesi... la problematica oltremodo complessa
dell'uomo nella situazione storica contemporanea". L'interesse di Spagnoli si incentrava sui simboli della
comunicazione, sulla lettera "A" (e Abbate - cit. - si chiede:
"come "Anarchia"?); interesse che, esteriormente, poteva
apparire come un avvicendamento ai modi della "poesia visiva" o
meglio "concreta"; in realtà il lavoro di Spagnoli non ha alcun
rapporto con la poesia visiva, essendo la sua ricerca, mai analogica, ma
sempre formale. "Per Spagnoli" scriveva ancora Abbate, si tratta
"... di stabilire una dinamica d'intervento sul corpo postgutemberghiano
della scrittura stessa, ed è in questa opzione che egli evidenzia un
carattere di riflessione e destrutturazione che è poi lo stesso stato d'animo
che caratterizza le ricerche operative di un più ampio arcipelago sommerso di
creatività diffusa di cui la provincia, e in questo caso Livomo, è - per un
curioso paradosso - storicamente la principale garante. Spagnoli in quei
giorni trova la lettera "A", di cui dice: "E' come se una
persona urlasse". E aggiunge che questa scelta mirava alla 'scoperta' di
un linguaggio pre-verbale, che fosse un linguaggio della coscienza". Di mano in mano Spagnoli arrivava al superamento progressivo del
simbolo fondamentale, per la scelta dichiarata dell'ideogramma, sul quale
operava un continuo processo di trasformazione e di adeguamento. All'inizio i
"segni" si disponevano, fittissimi e minuti, nel contrasto
fondo-segno, secondo una programmazione dinamico-ritmica, dilatandosi, in
seguito; talvolta i segni stessi si disponevano, bianco su bianco, in lieve
rilievo; oppure in sequenze ritmiche, si stagliavano sul fondo in perspex
trasparente, proponendo raddoppiamenti volumetrici, fino a costituire
ambienti dinamici che, nel gioco di colori, spesso contrastanti, dei simboli,
sollecitavano stimoli emotivi di grande suggestione. Dopo le motivazioni ideologiche legate al '68, quando abbiamo
assistito ad un progressivo processo di totale deideologizzazione, gli
artisti hanno recuperato il proprio privato, si sono spesso chiusi in un loro
discorso interiore, tendendo a mettere in evidenza uno specifico artistico
che assume significato autonomo. Del resto nessuno crede più, ormai, alla
qualità salvifica dell'arte. Già Hans Haacke, negli anni Sessanta vicino al Gruppo
"Zero" di Dusseldorf, di arte programmata, aveva dichiarato, dopo
la guerra del Vietnam e dopo l'assassinio di Martin Luther King: "Gli
eventi mi hanno aiutato a focalizzare ciò che già sapevo da molto tempo,
senza averlo mai realizzato così amaramente, così senza speranza, così
chiaramente, che ciò che stiamo facendo, la produzione e il parlare del
lavoro artistico, non ha alcuna relazione coi problemi urgenti della nostra
società. Chiunque creda che l'arte possa rendere la vita più umana è
estremamente ingenuo. Niente, ma proprio niente, assolutamente niente, è
cambiato, nonostante qualsiasi genere di pittura, scultura, happening si
possa produrre, ad un livello che veramente conta, il livello politico. Non
una singola bomba al napalm può essere fermata da tutte le mostre di Angry
Arts. L'arte è assolutamente inusabile come strumento politico. Nessun
ambiente luminoso nel mondo potrà impedire ad un poliziotto di uccidere un
negro ...... Così anche Spagnoli ha ritrovato il suo privato, in una
progressiva interiorizzazione, proseguendo, peraltro, e con più meditata
intenzionalità, nella sua ricerca che, poco a poco, tende a desemantizzarsi,
nel senso dei segno-simbolo, in quanto i suoi morfemi-fonemi tendono ora a
dilatarsi, si scontrano, evidenziano sezioni di immagini-segno che non ci
sono più, nel loro intero, si trasformano, plasticamente, nello spazio, in
scontri di angoli, di sezioni di retta, recuperati, ancora, in funzione
plastica, e si dilatano fino ad acquistare le dimensioni di grandi sculture,
fino a disporsi, anche cori parti lievemente aggettanti, sulla parete, o si
configurano come sculture a terra, senza basamento; elementi strutturali,
elementari, come strutture primarie, manifestazioni di Minimal Art (l'arte
dell'ABC, l'arte dell'elementarità assoluta, della mancanza e del rifiuto di
rimandi mentali, di possibilità interne all'opera ... ). Per i nuovi lavori di Spagnoli, peraltro, i rimandi mentali, le
possibilità interne all'opera esistono; eccome! E si riportano (non fosse
altro che per il colore, in rigoroso contrasto, in funzione formale) alla
storia razionale, costruttiva, dell'arte occidentale, legata alla
progettualità, come progetto dei mondo. E', certo, un progetto utopico. Ma forse un modo nuovo, tutto da
trovare, potrà ancora coinvolgere l'artista in un “progetto" che, se non
salverà il mondo, potrà almeno aiutarlo ad aprire gli occhi verso nuove e più
autentiche possibilità per il futuro, e non verso recuperi di un più che
discutibile passato... |
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