Renato
Spagnoli
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l’artista
in mostrA
interventi critici
Acquasanta
Terme 1971
Foto Alfredo Libero Ferretti |
ALBERTO VECA
Presentazione in catalogo Galleria Giraldi, Livorno 1999 Un protagonista della vicenda espressiva di Renato Spagnoli vive
sul "confine", su quel convenzionale profilo che definisce, almeno
graficamente vuoto e pieno: si tratta di un gioco elementare che attribuisce
importanza al momento bruciante di passaggio da una presenza all'altra. Una
linea sottile percorre le diverse stagioni testimoniate in questa occasione
espositiva, questa può essere probabilmente individuata nella volontà di
disegno, di chiudere in un contorno una figura, abbia esso la pregnanza
simbolica della lettera d'alfabeto variamente iterata come testimoniato dalle
opere degli anni sessanta e settanta in cui forte era il riferimento alla
tipografici e cita segnaletica. Ma il discorso può essere applicato anche alla successiva, innovativa
stagione espressiva in cui di una singola immagine vengono evidenziati
frammenti, come tali capaci di mettere in primo piano figure se non nascoste
comunque tralasciate per una più soddisfacente comprensione dell'insieme. E' il gioco della "parte per il tutto" è luogo
retorico che appartiene tanto all'universo comunicativo della collettività,
quanto a quello personale della ricerca espressiva. Metaforicamente abbiamo a
disposizione tanto il "grandangolo" quanto lo "zoom", artifici
dell'ottica fotografica, strumenti che aiutano la debolezza dei nostri sensi,
che pongono la visione naturale dell'uomo in un singolare punto di stazione,
inattiva se dobbiamo prendere in esame l'attrezzatura convenzionata, ricca se
a esso aggiungiamo come protesi, la fantasia, abile di investigare, di
portare alte nostre dimensioni percepibili, quanto normalmente sfugge o uno
sguardo anche attento. Nel caso di Spagnoli si alternano equilibri instabili evidenze
contraddette da una lettura mai statica dell'immagine, quasi che all'affermazione
forte, esplicita dei fare figura, corrispondesse una provvisorietà degli
equilibri formali e delle figure trovate. Si determinano allora oggetti plastici dalla fisionomia
assolutamente evidenti ma dalla natura ambigua. Se in alcuni esiti pittorici
la figura risultava corpo perentoriamente definito in quanto forma e colore
rispetto a uno sfondo, la stessa ha assunto successivamente, nelle ricerche
più recenti, valore di un autonomo volume, proponendo nella tridimensione
soglie e differenze di minore ma dichiarata evidenza. Il percorso dalla bidimensione al volume, alla scultura, ribalta
solo apparentemente i parametri di giudizio dell'opera: all'opposizione
bianco/nero si sostituisce il differente rilievo accordato a figura/frammenti
che assumono in relazione al contesto una loro specifica fisionomia. In
realtà l'escursione nei campi dei percepire l'oggetto, dalla vista al tatto,
dalla pittura alla scultura appartiene al patrimonio più vitale e innovativo
delle ricerche artistiche d'Avanguardia di questo secolo, significative e non
tramontate nel momento in cui ci si avvicini al fare o al leggere l'oggetto
espressivo in modo interrogativo e non consolatorio. Milano, marzo 1999 Alberto Veca |
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