Renato Spagnoli

 

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Acquasanta Terme 1971

Foto Alfredo Libero Ferretti

 

LARA VINCA MASINI

 

Presentazione in catalogo  (mostra personale con Giovanni Campus)

Galleria AL2  Roma

1970

 

L'interesse di Renato Spagnoli, fin dall'inizio della sua ricerca nel campo delle arti figurative è sempre stato rivolto all'analisi dei "simboli" più diretti della comunicazione, le " lettere", come segni di un alfabeto "altro" da quello corrente della "scrittura". Spagnoli infatti, a differenza di altri operanti nel campo dei "segni" simbolici, non li ha acquisiti attraverso la letteratura e la poesia, non li ha recuperati cioè, almeno intenzionalmente, in senso analogico.

La sua ricerca non si svolge nell'ambito della "poesia concreta" e non ne deriva, anche se le incidenze e le relazioni con questo tipo di attività sono sempre state, in lui, evidenti. Egli ha sempre teso a tradurre visivamente, concretamente, e non foneticamente, i " segni " nella loro carica espressiva formale, nell'ambito della visualità, al di là dei loro riferimento fonetico e quindi, alla fine, al di là dei loro significato analogico.

Si tratta, evidentemente, di uno spostamento di collocazione dei "segni" stessi, che vengono riproposti come "sigle emblematiche" e di volta in volta verificati nella loro nuova valenza espressiva, "oltre" il significato simbolico primario.

Ma in Spagnoli, ancora a differenza che in molti autori di poesia concreta, non si assiste al superamento progressivo del "simbolo" fondamentale, anche se questo mantiene, pur celato, un certo suo antico, allusivo riferimento letterario, ma alla scelta dichiarata e costante di un elemento visivo, la "sigla", l' "ideogramma", su cui viene operato un continuo processo di trasformazione e di adeguamento, a verificarne la "tenuta" secondo la diversa, determinata intenzione espressiva.         
Mentre infatti, inizialmente, i "segni"  fittissimi e minuti si ponevano come fatto di vibrazione cromatica, in stesura compatta. essi si sono, man mano, dilatati, scomposti, trasformati, fino a divenire soltanto allusioni di "segni" alfabetici, svolti in un contesto di dinamica ottico-percettiva, in moduli speculari, in ribaltamenti, sovrapposizioni di superfici trasparenti sulle quali i "segni" si collocano in funzione di "impressione" coloristica pura, a creare un gioco suggestivo (e illusorio) di riflessi, di ombre, di spostamenti successivi di piani.

Così il "segno" è andato sempre più oggettualizzandosi, si è posto come presenza in uno spazio filtrante, analogico dello spazio reale nella sua trasposizione fantastica e insieme concretamente definito, pur restando sempre, l' "ideogramma", bidimensionale nelle sue scomposizioni, nei suoi raddoppiamenti sfalsati.

Oggi I'"ideogramma", recuperato nella sua struttura unitaria, ingigantito, anche se sempre usato in funzione ritmica, ripetitiva (ma si tratta di una scansione di ritmi simultanei, dinamici) è divenuto presenza ossessiva, univoca, quasi provocatoria, si impone per una sua essenzialità, suggerisce, per se stesso, una dinamica strutturale, recupera, sul piano dell'attualità, quindi sempre collocandosi. analogicamente. In una scansione tridimensionale, l'operazione suggerita, bidimensionaImente, dalla fotodinamica futurista di Anton Giulio Bragaglia, dal movimento simultaneo del Nu descendant l'escalier di Duchamp. Recupera infine, nell'invenzione, il fatto culturale.

Lara-Vinca Masini

 

 

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